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Brescia,

lunedì 8 luglio 2024

Scontro Magistratura Governo

Dietro le accuse di Crosetto nei confronti delle toghe con quel sono a conoscenza di alcune riunioni segrete tra magistrati ci sarebbe un disegno per colpire Giorgia Meloni.

Ad accendere la miccia il ministro Guido Crosetto che in un' intervista al Corriere della Sera sostiene che il governo può essere messo a rischio solo dall'opposizione giudiziaria e riferisce di aver saputo di riunioni di una corrente della magistratura in cui si dibatte di come fermare la deriva antidemocratica a cui ci porta la Meloni.

Emergono nuovi dettagli più precisi che porterebbero a persone molto vicine alla premier finite nel mirino.

Si parla di una potenziale inchiesta per finanziamento illecito a carico di persone "molto vicine" a Giorgia Meloni. 

Un'eventuale inchiesta, è il ragionamento, sarebbe sufficiente per scatenare il sospetto di una manina dietro un'indagine che potrebbe scoppiare prima delle elezioni europee.

Esattamente come dice Crosetto, e cio' costituirebbe un’anticipazione di condanna, anche se poi dalle indagini non dovessero emergere reati.

Guido Crosetto dice: "A me raccontano di riunioni di una corrente della magistratura, in cui si parla di come fare a fermare la deriva antidemocratica a cui ci porta la Meloni, e siccome ne abbiamo visto fare di tutti i colori in passato, se conosco bene questo Paese mi aspetto che si apra presto questa stagione, prima delle Europee..."

Mettiamola così. 

Le procure sanno che se gettano l'amo in alcuni laghetti qualcosa pescano.

Il problema è che semmai, in passato, per i governi di sinistra quell'amo si sono ben guardati dal lanciarlo", è il ragionamento di un inquirente che preferisce restare anonimo.

Dietro l’intervista con cui il ministro della Difesa ha lanciato l’allarme contro la magistratura c’è una paura diffusa nell’esecutivo.

Tanto che le parole di Crosetto sarebbero state concordate con la premier Giorgia Meloni.

E lui dice di essere pronto a riferire al Copasir, dove le sedute sono segrete, o all’Antimafia, dove possono esserlo.

Nel mirino del ministro ci sono anche due interventi.

Uno del magistrato in pensione Nello Rossi sulla rivista di Magistratura Democratica. 

Ed e' stato espresso in un congresso della componente Area in cui si evoca la funzione anti maggioritaria delle toghe.

E' l’opposizione piu' efficiente che esista o che sia mai esistita a questo governo.

Molto di quanto bolle in pentola resta per adesso riservato.

Ma intanto torna ad alzarsi la tensione sulla giustizia con un nuovo scontro tra governo e magistrati e l'opposizione che va all'attacco dell'esecutivo.

Una presa di posizione che arriva proprio nel giorno in cui l'ANM riunisce a Roma gli iscritti sugli attacchi venuti nei mesi scorsi da governo e maggioranza ai magistrati - a partire dalla giudice catanese Iolanda Ippolito - che hanno sconfessato il dl Cutro in materia di migranti.

Secondo la medesima l'accusa del ministro è una fake news che non ha alcun fondamento e fa male alle istituzioni. 

È un attacco ai magistrati , ma anche una rappresentazione malevola dell'impianto istituzionale del Paese, ribatte il presidente dell'ANM, Giuseppe Santalucia, che ritiene fuorviante la rappresentazione di una magistratura che rema contro e che si fa opposizione politico-partitica.

Dalla riunione delle toghe arrivano altre repliche al ministro. 

Ciccio Zaccaro, segretario di Area, il gruppo delle toghe progressiste, accusa Crosetto di delegittimare le istituzioni repubblicane. 

Mentre il segretario di Magistratura Democratica, Stefano Musolino interpreta le parole del ministro Crosetto come un monito alla magistratura a conformarsi agli scopi del governo.

Ma è soprattutto sul terreno della politica che il clima si fa incandescente, con le opposizioni (con l'eccezione di Italia viva) che censurano le affermazioni di Crosetto e invitano il ministro a riferire in Parlamento immediatamente, come sollecita il deputato di +Europa, Benedetto Della Vedova o ad andare in procura se ha le prove di quello che dice. 

Tant'è che il titolare della Difesa replica più volte alle critiche, spiega che non ha inteso attaccare la magistratura, ma solo difendere le istituzioni cercando la verità e assicura che è pronto a presentarsi al Copasir o in Antimafia.

Se il ministro sa qualcosa che mette in pericolo la sicurezza nazionale, lo dica. 

Diversamente, la smetta questo governo di lanciare velate minacce avverte Debora Serracchiani, responsabile Giustizia del Pd, mentre i parlamentari del suo gruppo in Antimafia chiedono di fissare al più presto l'audizione di Crosetto. 

L'accusa di Crosetto ai magistrati è gravissima perche' significa attribuire a una parte della magistratura finalità eversive.

Se il ministro ha informazioni così rilevanti, lo incalza il presidente del M5s Giuseppe Conte, deve andare immediatamente in procura. 

Anche per il leader di Azione Carlo Calenda un ministro non può riferire di complotti di magistrati senza denunciarli, non siamo al bar dello sport. 

Non fa sconti nemmeno il presidente nazionale di Centro democratico Bruno Tabacci, per il quale quelle di Crosetto sono parole in libertà, mentre di dichiarazioni  eversive parlano Angelo Bonelli (Avs) e Giovanni Barbera (Rifondazione comunista). 

Il leader di Iv Matteo Renzi invece solleva il problema delle ragioni per le quali Giorgia Meloni ha bloccato la riforma della giustizia.

Poche le voci dalla maggioranza. 

Forza Italia si schiera con Crosetto e prende la palla al volo per chiedere che la riforma della giustizia, una priorità si faccia prima di quella del premierato, come sollecitano il capogruppo alla Camera Paolo Barelli e il deputato Alessandro Cattaneo. 

Riforma invocata anche dal segretario dell'Udc, Lorenzo Cesa.

E come sappiamo il fulcro centrale della riforma agognata e' quello della separazione delle carriere, la quale rappresenta un primo piccone contro la casta dei magistrati, contro un potere che non e' solo giudiziario, ma che tende a travalicare i suoi limiti naturali, invadendo i poteri esecutivo e legislativo, paventando un presunto rischio di cadere sotto il controllo del potere esecutivo.

Il problema e' che il controllo dell'esecutivo sull'operato della magistratura inquirente e' cosa del tutto normale, come del resto accade in tutte le piu' moderne ed efficienti democrazie, dove, a differenza dell'Italia, i tempi della Giustizia sono estremamente piu' rapidi.

Ma non e' solo quello perche' il signor Santalucia dimentica che contro Silvio Berlusconi, nel 2011 e' stata messa a punto una vera e propria congiura che rasenta il colpo di stato, in quanto un Presidente del Consiglio dei Ministri, regolarmente eletto per volonta' degli italiani, e' stato buttato fuori dal Parlamento con una manovra dl tutto illegale.

E tale manovra e' il risultato di una deriva anticostituzionale ordita da una magistratura politicizzata.

Risulta dunque che vorrebbero fare la stessa cosa con Giorgia Meloni.  

domenica 5 maggio 2024

Imparzialita' del pubblico ministero e prove nascoste

Nel lungo dibattito che ha portato all’emanazione del nuovo processo penale,  del 1989, si sono inseriti due punti chiave.

Secondo il primo, il Pubblico Ministero, dovendo comunque difendere lo Stato, ed il diritto sul quale si fonda la sua autorita’, quale baluardo a garanzia dei cittadini da qualsiasi sopruso ed abuso, dovrebbe avere anche il dovere, anzi l’onere, di accertare la verita’ anche a favore dell’imputato.

L’altro punto chiave attiene alla posizione di terzieta’ del giudice, auspicata generalmente dal codice Piasapia, ma mai realizzata nella sua piena efficacia.

Questi due punti si intersecano vicendevolmente in quanto in primo luogo la terzieta’ del giudice implica che difensore e pubblico ministero siano in piena parita’.

Tuttavia e’ il primo punto che offre la sponda ad una concezione del pubblico ministero quale parte pubblica superiore, che quindi persegue il bene comune, e codice alla mano, ricerca anche le prove a discarico degli indagati.

Solo che molto piu’ spesso di quanto si possa immaginare, il pubblico ministero tiene nascoste le prove favorevoli alla persona da lui sospettata di essere colpevole proprio perche’ il suo potere glielo consente.

Qualcuno ha sostenuto che il tema delle prove nascoste non implica una piena scorrettezza professionale del pubblico ministero, e si specifica addirittura ovviamente fuori dai casi di evidente intenzionalita’ fraudolenta, come se l’intenzionalita’ fraudolenta non possa essere mai considerata come oggetto di indagine oppure non possa mai essere dimostrata.

E questo, attraverso l’applicazione della riforma voluta dal Ministro Carlo Nordio, sara’ il banco di prova della volonta’ di scardinare un sistema che si e’ imposto grazie alla convivenza tra magistratura giudicante e magistratura requirente.

E tutto questo e’ accaduto proprio con riferimento all’inutile processo, contro il Dott. Giuseppe Traversa, nel quale, essendo gli avvocati difensori in grave difficolta’, a seguito del decesso del primo difensore per tumore al cervello, e dell’impossibilita’ pratica del difensore intervenuto, in quanto erede di tutte le cause in corso del primo difensore, di svolgere un’efficace difesa.

In tale contesto, pur in presenza di un pentito, rivelatosi in seguito in piena contraddizione, emerge in modo lapalissiano come il Dott. Marco Martani non potesse non essere a conoscenza delle prove a favore del Dott. Giuseppe Traversa, o che addirittura non potesse non possederle in qualche recondito cassetto.

Quindi si assiste al passaggio del pubblico ministero da autorita’ superiore, in quanto investita del dovere di perseguire il bene comune, ricercando le prove a discarico degli indagati, ad autorita’ superiore che non fa altro che ricercare la propria verita’, contro il malcapitato indagato, nascondendone le prove a favore, che porterebbero all’archiviazione del caso, come poteva sicuramente accadere, nel giro di due o tre settimane.

Tutto cio’ porta inesorabilmente ad affermare una supremazia etica e processuale dell’accusa, che comporta, non solo una disparita’ originaria e connaturata tra le parti, portando a considerare il punto di vista difensivo in se’ come inattendibile e sospetto, ed al contempo gettando ombre sull’attivita’ del giudice, il quale e’ chiamato ad una vera e propria sfida ogniqualvolta ritenga di dover pronunciarsi in modo nettamente contrario alle tesi dell’accusa.

Quindi il giudice che assolve potrebbe essere considerato in modo sospetto.

Ed in questo frangente si inserisce la ben nota polemica relativa ai giudici che non fanno altro che copiare integralmente le tesi dell’accusa, senza esperire un primo vaglio critico. 

Proprio quello che e’ accaduto nel caso del Dott. Giuseppe Traversa, ove il giudice delle indagini preliminari ha sposato in pieno le tesi dell’accusa, senza valutarle criticamente alla luce delle prove, che a lui non sono mai state presentate, proprio perche’ nascoste.

Tutto cio’ getta una cattiva luce sull’operato del pubblico ministero, il quale ha proditoriamente omesso di presentare le prove a discarico del Dott. Giuseppe Traversa, e che non poteva non conoscere.

Cio’ pone le basi per un’eventuale denuncia per omissione di atti di ufficio, commista con il reato di falso ideologico, ed il reato di secretazione di atti idonei al proscioglimento dell’imputato in questione, tutte ipotesi di reato che adesso come adesso nessuno vorrebbe accogliere.

Tuttavia una tale denuncia potrebbe avere maggior seguito in un sistema ove la terzieta’ e la superiorita’ del giudice delle indagini preliminari possano avere un pieno riconoscimento, e cio’ avverra’ sicuramente con l’ampia riforma del diritto penale, che verra’ emanata dal Guarda Sigilli Ministro Carlo Nordio.

Certamente tale terzieta’ e superiorita’ del giudice implica che la vera natura di un pubblico ministero non possa che essere una parte al pari della parte civile e della difesa.

E quindi bisognera’ evitare di sostenere ad ogni pie’ sospinto quella caratteristica mitologica di cultura della giurisdizione, che sarebbe a fondamento dell’opinione sulla natura stessa dei pubblici ministeri, secondo la quale essa conferisca miracolosamente al titolare delle indagini un’essenza di imparzialita’.

Cio’ da un lato implicherebbe automaticamente che il giudice diventi un inutile doppione del pubblico ministero.

Ed allora si ritornerebbe al vecchio sistema del giudice istruttore di memoria inquisitoria, proprio cio’ che la riforma di Pisapia si era proposto di superare, vanamente.

Certamente prima di una qualsiasi riforma, il sistema sara’ orientato comunque al fatto che quando il pm e la polizia giudiziaria selezioneranno le intercettazioni telefoniche o ambientali relative alle persone, nei confronti delle quali hanno pervicacemente ottenuto che il giudice le disponesse, sulla base di indizi di reita’, che hanno ampiamente argomentato essere gravi ed attuali, ci puo’ essere qualcuno che seriamente immagini che la scelta delle prove sia condotta con lo spirito imparziale del giudice?

In teoria dovrebbe esserci il giudice per vagliare quelle prove, sempre che il pm le porti a sua conoscenza.

Se invece le parti fossero ad armi pari, potrebbero portare il proprio punto di vista innanzi al giudice, il quale verra’ esso in condizione di avvicinarsi il piu’ possibile alla ricostruzione della verita’ dei fatti.

Tuttavia la magistratura italiana, in seno al all’ANM ed al CSM, non accetta questa elementare verita’, e continua a ritenere prevalente la parte pubblica, che avrebbe il superiore compito, non solo di perseguire il bene comune, ma anche, codice alla mano, anche di ricercare le prove a discarico degli indagati, a meno che non ne sia gia’ in possesso.

La conseguenza della prevalenza della parte pubblica porta automaticamente a considerare il difensore come parte inesorabilmente parziale, onde il punto di vista difensivo e’ sempre da considerare inattendibile, se non sospetto, mentre il pm, come parte superiore, non farebbe altro che ricercare la verita’.

Ma cio’, corroborato dalla maggioranza delle opinioni dell’ANM e del CSM, che hanno a cuore il predominio del pm, potrebbe benissimo comportare un autentico dissidio tra pm e giudice, con la conseguenza di far passare per sospetto persino il giudice, ogni volta che ritenga di dover smentire l’accusa.

E tutto cio’ e’ stato come temeva il giudice del procedimento di mio padre Giuseppe Traversa, cioe’ riteneva che non fosse opportuno andare contro le tesi accusatorie del Dr. Marco Martani.

Si auspica quindi una riforma che comporti la piena parita’ tra difesa ed accusa, fermo restando il dovere per il pm di cercare e di presentare al giudice le prove a discolpa dell’indagato.

Si parla di legge bavaglio

Non esistera' mai una legge bavaglio, semmai sara' una legge che eliminera' definitivamente la gogna mediatica, causando anche la cessazione definitiva del favore verso la pubblicazione di balle colossali e anche il conseguente stop al copia e incolla operato tra pubblici ministeri e magistrati giudicanti.

Oggi pubblici ministeri e giornalisti sono  l'uno a braccetto con l'altro, l'uno funzionale all'altro,  assoluti  padroni  della reputazione di una persona.

È questo  il bene che difendono, cioe’ la possibilita’ ad libitum di decidere della reputazione delle persone.

Basta con la lagna delle leggi bavaglio, per favore.

Basta con le orde di giornalisti che si percuotono il petto al grido, contrito di dolore, per cui non potrano più informare i cittadini sulle inchieste perche’ affermano che subiranno la sottoposizione ad un bavaglio.

Ma per favore, siamo seri, sono tutte balle colossali.

Essi vogliono solo vogliono difendere il privilegio eccessivo e  padronale di voler impossessarsi delle altrui reputazioni, vicende, e carriere.

Infatti l'obiettivo di un'inchiesta a carico di un cittadino, anche se viene richiesta la detenzione cautelare in carcere, è quello di appurare se siano stati commessi reati o meno, con l'ulteriore scopo di separare un grave indiziato dalla società, che si vorrebbe proteggere.

Il fine di un'informazione di garanzia non e' quello di scatenare una gogna colpevolista e anticipatoria di colpi parziali che potrebbero benissimo, come sempre più spesso accade, dimostrarsi poi fallaci, nel valutazione delle prove processuali.

Rimettiamo dunque nel fodero la lagna a difesa di una casta che vuole rimanere padrona  del  diritto  di sputtanare la gente con la scusa che c'è un'inchiesta e  noi  ci  siamo  limitati  solo a riportarne  gli elementi.

Ma quale bavaglio.

Ma altrettanto bisogna mettere un freno al copia e incolla del gip di cio' che abbia ricevuto dal pm ed uno stop alla disinformazione.

La verità è che quanto si propone da alcuni, come Enrico Costa, rappresenta un placebo ho una carezza fin troppo leggera, contro un malcostume diventato consuetudine,  che  non  c'entra  nulla  con l'informazione, ma è più aderente ad una orientata disinformazione contra personam.  

Cosa   propone  Costa?

Di tornare al regime  della normativa  precedente  al  2017,  cioè  a quanto prescrive  l'articolo 114 del codice di procedura  penale.

In sostanza si propone che degli atti di indagine espletati dagli inquirenti nelle indagini preliminari, si possa raccontare solo il contenuto,  ma  non pubblicare per intero il documento.

Ma non cambia nulla, come si puo' evincere dal processo intentato dal pubblico ministero famoso, il 26 novembre 1993, contro Giuseppe Traversa, che la Voce di Mantova ha persino indicato come il vertice di una cupola mafiosa dedita alla creazione di fatture false.

Dal 2017 infatti, dopo un intervento dell'allora Ministro della Giustizia Andrea Orlando, a questo regime, contro cui nessuno di quelli che oggi protestano aveva mai protestato, vengono sottratte  le ordinanze di custodia cautelare in carcere, che rappresentano ancora il testo a cui i giornali continuano pienamente ad attingere.

Che sono ormai un copia incolla, che spesso per pigrizia i giudici delle indagini preliminari fanno delle richieste di custodia cautelere in carcere avanzate dai pubblici ministeri, e cio’ rappresenta un’anomalia quasi contra legem.

In sostanza, il copia incolla selvaggio e spesso acritico è ahimè il contrario di quel che dovrebbe essere, cioè un primo vaglio assai severo che un gip dovrebbe stendere su quanto raccolto sino al momento della richiesta dal pubblico ministero, che gli chiede di restringere la libertà di una persona, di cui si chiede l'arresto e la detenzione cautelare in carcere, oppure il semplice termine per la chiusura delle indagini o dell'inchiesta, in attesa del processo.

Ebbene, ormai da anni la pratica che qualcuno pretende resti tale, vuole che di quell'ordinanza si dia completa pubblicazione, anche se è provvedimento del tutto parziale perché deve ancora passare il vaglio del Tribunale del Riesame e della Cassazione.

Vaglio che molto spesso fa a pezzi tanto la richiesta, quanto l'ordinanza che le dà disco verde acritico. 

Ma sapendo che l'ordinanza è tutta pubblicabile, e  che  il gip  nell'accoglierla  non  ne  cambierà  una  virgola,  la richiesta viene scritta a mo' di genere letterario, e condita di particolari molto      gustosi, suggestivi, funzionali alla pubblicazione che non deve informare i cittadini, come capziosamente si sostiene, ma orientarne il consenso.

Un copia e incolla sul quale si fonda la concezione del ruolo di un gip che sia subordinato  al pm.

Sono piuttosto rare le occasioni in cui il gip si opponga alle richieste del pm.

Il solito  discorso,  insomma,  di  usare  la  stampa  per sostenere  se stessi e leproprie inchieste anche se queste sono molto labili e che se le si vagliasse con imparzialità e severità sin dall'inizio,  morirebbero sul nascere.

Enrico Costa si propone, giustamente, di proteggere la privacy dell'indagato.

Perché sempre più spesso l'iter è il seguente, e cioe’ che il pm fa richiesta di arresto e, guarda caso, nella richiesta finisce di tutto, come particolari gustosi ma irrilevanti penalmente, intercettazioni tagliate e decontestualizzate, addirittura elementi utili a un certo racconto colpevolista ma estranei all'inchiesta.

Il gip fa copia e incolla e dispone l'ok alla richiesta.

Scatta l'arresto per il malcapitato di turno, che si vede irrimediabilmente sputtanato su giornali e telegiornali.  

I quali nel frattempo, pur lavorando poco o niente, ma si ritrovano tanto materiale per fare un racconto colpevolista che puo' far indignare il loro pubblico di lettori e puo' far vendere loro più copie e click.

In tal modo il pm acquisisce consenso e visibilità, cioe' una notorieta' che poi magari gli consentira' persino di candidarsi in qualche partito.

Anche se poi questa prassi, considerato il rischio insito nelle elezioni politiche od amministrative, e' venuta meno, considerati gli ultimi divieti di ripresentarsi come magistrato a chi si sia messo in aspettativa per essere eletto in qualche partito.

Poi arriva il riesame che fa a pezzi la misura già attuata e pubblicizzata, ma nessuno ne scrive una riga, né ne fa menzione, e l’indagato torna libero ma macchiato per sempre. 

Poi nel proseguo del procedimento in un caso su due verrà addirittura assolto, ma per tutti i non addetti a i lavori, quindi la maggioranza della gente, resterà macchiato del sospetto di essere un criminale e se nell'ordinanza, con cui è stato buttato in cella in attesa di un processo, c'era qualche elemento di racconto suggestivo, gli resterà appicciato sulla schiena, indelebile.

Diciamo la verità, e cioe’ cosi come è il regime post 2017, rapresenta uno stimolo a mettere di tutto nelle  richieste di detenzione cautelare in carcere, soprattutto i particolari irrilevanti penalmente, ma gustosi per chi difende la tutela del proprio sputtanandi.

Altro che libertà d'informazione questa e' liberta' di disinformazione.

In questo  schema,  oltre  che  della  libertà  personale  dei cittadini, pubblici ministeri e giornalisti sono,  l'uno  a  braccetto con l'altro, l'uno funzionale all'altro, assoluti padroni della reputazione di una persona.

È questo il bene che difendono, il diritto di distruggere la reputazione delle persone, come e' accaduto al Dott. Giuseppe Traversa. 

Un  potere  dispotico.

Invece, se passasse questa proposta, come sembra che sia, visti i  numeri al Senato, i giornalisti potrebbero senz' altro raccontare che c'è un'inchiesta, che riguarda Tizio, che Tizio è stato arrestato, e raccontare anche il contenuto dell'ordinanza, ma senza quella parcellizzazione che oggi impera, ovvero tentativo di raccontare i fatti solo come i lettori si aspettano di leggerli, utile solo a distorcere alcuni elementi per viziare a proprio favore il consenso di chi guarda o legge.

Francamente, mi pare che questa riforma sia proprio insufficiente.

Io sono dell'idea che si dovrebbe anche vietare  la pubblicazione del nome e dell'immagine del magistrato che si occupa di una determinata inchiesta, e citare solamente l'ufficio che procede contro un cittadino, spersonalizzando il lavoro della procura che indaga.

Così scemerebbe quell'enorme propensione alla vanità che muove alcuni pubblici ministeri nel promuovere certe azioni eclatanti, pensate solo per sostenere il proprio protagonismo, e metteremmo forse fine ai processi per vanità.

Che sono assai più di quanto non si creda.

lunedì 22 gennaio 2024

Diritto processuale penale comparato e film polizieschi

Ho visto film polizieschi e gialli italiani ed americani per circa 60 anni, e molti di essi hanno per oggetto soltanto la ricerca delle prove per inchiodare un sospettato, allo scopo di un eventuale processo penale.

Tale processo, per quanto concerne i gialli ambientati in Italia, non sara' mai visibile.

Il contrario accade per i gialli ambientati negli Stati Uniti, ed anche se per alcuni di essi ugualmente il processo non sara' svolto nelle fasi dei film, nella stragrande maggioranza di essi, si potranno visualizzare anche le fasi processuali che portano all'incriminazione del reo od anche alla sua assoluzione.

MI sono sempre chiesto il perche' vi sia questa abissale differenza tra le scelte delle direzioni televisive italiane, che sembrano far capo ad un'unica regia, e quelle delle direzioni televisive degli Stati Uniti d'America.

Dopo gli ultimi sviluppi sui vari scandali, che alcuni anni fa hanno minato la credibilita' della Magistratura italiana, come ad esempio il caso Palamara, la realta' della Magistratura italiana, anche sulla base di critiche, esposte dal Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, ovvero il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, rimane comunque caratterizzata da una forte indipendenza dai poteri esecutivo e legislativo, ed autonomia, nella gestione interna delle carriere e del merito di ciascun magistrato.

Tanto e' vero che l'Italia e' stata presa come esempio, dalle altre nazioni europee, da imitare nel proposito di rafforzare l'autorevolezza delle proprie Magistrature affermando indipendenza ed autonomia quasi negli stessi termini.

Sappiamo bene che in Italia tutto cio' si e' verificato con una Costituente, la quale ha cercato, con il massimo dei suoi sforzi, di garantire un sistema che fosse totalmente diverso da quello creatosi durante il precedente ventennio, ispirato ad una completa dipendenza della Magistratura dal potere esecutivo inquadrato all'interno di una dittatura.

Queste caratteristiche di indipendenza ed autonomia della Magistratura italiana, hanno influito notevolmente sul grado di autodichia ed autocelebrazione della Magistratura stessa, al punto da rendere inutili tantissimi sforzi legislativi, allo scopo di rendere efficiente e rapido lo svolgersi delle udienze penali, evitando di avere processi che durano da piu' di 25 anni, come in un caso accaduto in Campania proprio ultimamente, a causa dell'ennesimo rinvio.

Mi pare evidente che tantissime leggi dello Stato italiano, come ad esempio il nuovo processo penale introdotto dal Piasapia, che di sicuro non era uomo di centro-destra, non abbiano trovato applicazione concreta, almeno nei suoi principi basilari.

Uno di questi principi stabiliva l'assoluta parita' tra pubblico ministero e difensore, in un processo diretto da un magistrato giudicante.

E invece noi abbiamo ancora un processo penale, in cui il vero demiurgo rimane il pubblico ministero, mentre il giudicante sembra un semplice spettatore, salvi i rarissimi casi in cui un giudicante si permetta persino di condannare il reo ad una pena piu' grave, come nel caso del gioielliere di Cuneo.

Ma a parte questo problema, che rimane inserito nel novero delle riforme, che verranno promulgate dal Ministro Carlo Nordio, e che comunque si ricollega ad un potere quasi legislativo, detenuto dalla Magistratura e teso a favorire il potere dei pubblici ministeri, rimane pur sempre l'esigenza di una vasta riforma che renda l'intero sistema penale piu' efficiente, rapido e snello.

Tuttavia sembra che tale esigenza non possa essere soddisfatta in tempi brevi, perche' la Magistratura stessa sembra gelosa dei suoi tempi e metodi di lavoro.

Certo e' che per molti utenti televisivi italiani, che magari capiscano qualcosa di processi penali, possono essere entusiasti dei film d'oltre oceano, attirando enormemente lo share televisivo, in quanto possono intendere i processi celebrati in tali film come una manna caduta dal cielo, allo scopo di avere un confronto tra le lungaggini dei processi penali italiani reali e quelli americani visualizzabili in tali film.

Ed infatti in Italia non e' mai stato ambientato e sceneggiato alcun film che che contenga le fasi processuali di un procediento penale, a parte la serie dei film "Il Capo dei Capi", che come vedremo porta a conclusioni opposte a quanto qui affermato dal sottoscritto.

Eppure la Magistratura italiana afferma decisamente che il sistema processuale italiano sia il migliore, il piu' garantista, rispetto a quello americano, in cui esisterebbero delle ragioni inconfutabili, secondo le quali il processo americano risulterebbe condizionato dall'influenza del potere esecutivo, e dalla politica locale, mentre in Italia tali influenze sarebbero inesistenti a causa della presenza di un organo di autogoverno, il Consiglio Superiore della Magistratura, di rilevanza costituzionale, quale baluardo a difesa del potere giurisdizionale, rappresentato dall'insieme dei magistrati.

Io non sarei proprio d'accordo perche', se per principio la Giustizia dovrebbe essere concepita per la tutela dei diritti di coloro che sono piu' deboli, le lungaggini spropositate della giustizia italiana posson portare ad un risultato abnorme ed in contrasto con tali principi.

Al contrario, negli USA, per quanto vi possa essere un potere politico locale, ed un potere esecutivo in grado di condizionare l'operato dei magistrati, eletti di norma dal popolo locale, l'assoluta parita' tra difensore e prosecutor, sotto la guida di un giudice imparziale, unita ad una evidente rapidita' ed efficienza del sistema processuale penale, ritengo che siano espressione una garanzia di gran lunga superiore, a quella italiana, di giustizia.

Certo e' che comunque nessun sistema e' perfetto, ma la differenza la fanno rapidita' ed efficienza.

Non voglio comunque scendere in ulteriori dettagli rispetto alle questioni relative alla politicizzazione della Magistratura italiana, che ho trattato in altri articoli del blog, ma rimane il punto focale, forse collegato al tema del potere autoreferenziale, e che ha a che fare con le lungaggini dei procedimenti penali italiani.

Dal che emrge prepotentemente un'ipotesi che non pare peregrina, e cioe' che in Italia non si debbano sceneggiare film ambientati in Italia, e che possano avere per oggetto fasi processuali, e che, di conseguenza facciano apparire de plano al pubblico televisivo italiano come siano evidenti le lungaggini processuali dei procedimenti penali italiani, potendosi in tal modo creare una notevole frattura tra consenso popolare e Magistratura, e cioe' tra politica e Magistratura.

Ne consegue che la Magistratura sembra che non voglia assolutamente che la gente sia cosciente di tali lungaggini perche' desidera continuare a goidere dei suoi privilegi in termini di orari di lavoro, ovvero di impegno lavorativo.

Accade allora che il popolo bue, lobotomizzato da un celato accordo tra magistratura e produttori di film italiani, o direzioni televisive nazionali pubbliche e private, sia indotto a percepire il modello del processo penale americano, come uno standard che sia comune ai paesi occidentali, per evitare che il popolo medesimo possa scorgere qualsiasi differenza tra i due sistemi processuali che possa mettere in dubbio la credibilita' della Magistratura italiana.

Ma ormai la frattura tra consenso popolare e Magistratura e' in fase di aggravamento proprio a causa degli scandali venuti alla luce ultimamente, grazie ai dissidi interni all'Associazione Nazionale Magistrati ed al Consiglio Superiore della Magistratura, onde sarebbe anche ora che i produttori di film italiani si rendano indipendenti dall'inflenza della Magistratura stessa.

I produttori di film avrebbero da guadagnare alla grande, con l'individuazione di un nuovo filone che renderebbe entusiasta il pubblico televisivo italiano.

Il probabile effetto indiretto di tale scelta potrebbe condurre alla promulgazione di leggi aventi ad oggetto tempestivita', efficienza e rapdita' dei procedimenti penali italiani, contro gli stessi interessi della Magistratura italiana, la quale inizialmente sarebbe tentata di opporsi ad un tale aggiornamnento del sistema, per poi capire che, soprattutto per questioni economiche di bilancio dello Stato, non si potrebbe fare altrimenti.

In conclusione vorrei ricordare che il Grande Fratello ha dato la possibilita', con la serie televisiva Il Capo dei Capi, di sceneggiare anche il processo a piu' di 400 mafiosi, presso l'aula bunker dell'Ucciardone di Palermo, avvenuto nella realta' tra il 1986 e il 1989, solo perche' il pubblico televisivo avrebbe rilevato come le ragioni della lunghezza di un tale processo fossero dovute al numero degli imputati di mafia, proprio allo scopo di dare in pasto l'idea della rapidita' dei processi italiani.

In realta' tale processo, nonostante l'elevato numero degli imputati, si e' svolto in tempi piuttosto rapidi per altri motivi, dovuti innanzitutto al clamore internazionale suscitato da tale processo, dalla presenza di televisioni provenienti un po' da tutto il mondo ed infine dal modo con cui sono stati utilizzate le dichiarazioni dei pentiti, che hanno fatto da spartiacque tra il modo di procedere precedente e quello che essi hanno autorizzato a fare.

Ed in ogni caso, le cose da allora, non e' che siano cambiate, sono rimaste le stesse, fino a quando  il Ministro Carlo Nordio non mettera' mano ad un ampia riforma, che possa trasformare il CSM, con l'elezione paritaria del numero dei membri laici eletti dal Parlamento, in una specie di contraltare da opporre al potere dell'ANM.

domenica 3 dicembre 2023

Eccesso di potere e protagonismo nella magistratura politicizzata

Secondo un noto avvocato e giurista Domenico Marafioti, lo strapotere della Magistratura, piu’ che un rischio e’ ormai una realta’ incombente sul nostro sistema.

Chi considera la Magistratura italiana come politicizzata, ne denuncia anche una sorta di strapotere, tale da sottrarla a qualsiasi forma di controllo e da renderla organismo in grado di operare fuori dalle proprie specifiche funzioni e di condizionare l’attività degli altri due poteri, quello esecutivo e quello legislativo, e cio’ rappresenta un segno evidente della confusione estrema dei ruoli e delle sue funzioni, che vige da oltre 50 anni nel sistema giudiziario italiano.

La Magistratura interviene non solo su problemi di stretto ordinamento giudiziario, ma anche sui problemi dello Stato, circa i rapporti tra i poteri, il ruolo del giudice e quello del pubblico ministero, il potere dei capi d’ufficio, le competenze dell’organo di autogoverno. 

Nessuno pensa di porre limiti alla libertà di discussione e di espressione in seno alla Magistratura. 

Ma cosa ben diversa è la discesa in campo del magistrato, nel folto della mischia, con un presenzialismo sospetto di pattuglie di oltranzisti, che agiscono da vere e proprie oligarchie, menando la danza dell’intero corpo giudiziario, consenziente o inerte.

E’ grazie a questo strapotere che in Italia non esiste ancora una responsabilita’ penale e civile dei giudici per gli errori commessi, e che abbiano infierito pesantemente sulla vita di coloro che potevano risultare innocenti sulla base di prove piuttosto evidenti.

Ed infatti accade che invece essi sono stati assolti dopo lungaggini processuali inutili e costose anche per le finanze pubbliche, quando magari con una frazione minima di tali spese si sarebbe potuto pagare un perito giudiziale.

Quindi essi sono stati assolti dopo anni di indagini e pubblicita’ negativa, che hanno stravolto illegittimamente ed illegalmente la loro vita di persone probe ed oneste, come nel caso del Dott. Giuseppe Traversa e di suo figlio.

Certamente non si vogliono porre dei limiti alla liberta’ di espressione e di discussione all’interno della Magistratura.

Tuttavia si e’ in presenza di un fenomeno che non si e’ mai manifestato negli anni 60, di magistrati che intervengono nella vita pubblica dello Stato, quali burattinai che dirigano a loro piacimento una moltitudine di colleghi anche indifferenti, ottenendone un tacito consenso.

In una lettera scritta a Enrico Letta durante il suo esecutivo Renato Brunetta, esponente di Forza Italia, evidenzia la politicizzazione della Magistratura, come denunciato dalle numerose sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, secondo le quali e’ stata accertata l’esistenza di numerose violazioni commesse dallo Stato italiano, contro il diritto dei cittadini alla difesa e ad un giusto processo, come e’ accaduto per il Dott. Giuseppe Traversa.

Dottrinari e giuristi autorevoli, certamente non berlusconiani ritengono, infatti che in primo luogo la Magistratura, voglia mantenere un sistema processuale lento, per dare ai magistrati la possibilita’ di lavorare secondo ritmi di lavoro da loro preferiti e poi che sia piuttosto politicizzata.

Infatti si e’ messo in luce, in particolare nelle grandi sedi tribunalizie dei principali capoluoghi di regione, come Milano, Roma, Napoli e Palermo, ed in altri capoluoghi di provincia, interessati da una forte immigrazione, come siano emerse figure di magistrati caratterizzate da un mix di impunita’, mediatizzazione  estrema e politicizzazione senza simili nel mondo occidentale, quindi visibilità mediatica, eccesso di personalizzazione, autoreferenzialita’, indici evidenti  di una politicizzazione che non ha eguali negli altri paesi di democrazia occidentale. 

Faccio riferimento, ad esempio ad un magistrato siciliano, che oltre a manifestare pubblicamente, assieme a frange minacciose di extraparlamentari di sinistra, contro il governo e la polizia, e’ riuscito persino ad evitare che il suo figliolo fosse processato per violenza e ingiurie contro le forze dell’ordine.

Ma faccio riferimento anche a pubblici ministeri che possono permettersi di compiere reati, proprio perche’ stravolgere e rovinare la vita delle persone con processi lunghi e farlocchi e’ un reato vero e proprio, che non ha nulla a che fare con la sua funzione di repressione dei reati, anche se poi nella pratica i Ponzio Pilato, travestiti da avvocati, che hanno timore di difendere i loro assistiti, dai soprusi dei pubblici ministeri, non mancano, ed un esempio per tutti nel caso del Dott. Giuseppe Traversa.

Ma diamo uno sguardo piu’ approfondito al tema seguente, e cioe’ l’assenza di controllo sui PM.

Secondo Carlo Guarneri, illustre docente di diritto presso l’universita’ di Bologna, la mancanza di un possibile controllo da parte del potere esecutivo sulla Magistratura italiana, e specialmente sui Pubblici Ministeri, ha fatto sì che questi siano persino in grado di estendere il loro potere alle fasi procedimentali, conducendo il processo penale al posto del magistrato giudicante, ed avendo un potere coercitivo sull’istruttoria, tale da pregiudicare la tranquillita’ dell’indagato innocente, allo scopo di provocare, se non estorcere, una confessione, come e’ accaduto nel caso del Dott. Giuseppe Traversa, nel quale non vi era alcuna confessione da estorcere, data l’innocenza di quest’ultimo.

Ma non solo, perche’, mentre in tutte le principali democrazie liberali e democratiche occidentali di diritto civile, o civil law, esistono dei legami istituzionali tra l’ufficio del pubblico ministero ed il potere esecutivo, cio’ in Italia e’ escluso nei limiti in cui le maggioranze di governo non entrino nella simpatia della Magistratura.

Quindi in generale negli altri paesi occidentali, salvo limitate differenze, il pubblico ministero e’ influenzato dall’ambiente politico, anche se poi le decisioni operative rimangono autonome, ma tutto cio’ accade su pianta stabile e non come avvenimento episodico che sia legato alle simpatie politiche.

Ad esempio in Francia abbiamo ancora un sistema che e’ rimasto fedele al tradizionale modello burocratico-gerarchico, che fa riferimento ad una magistratura piuttosto condizionata dal potere esecutivo, e questo fa da contraltare al poter inquirente dei pubblici ministeri, diverso dal potere requirente, accolto in Italia, dopo l’introduzione del sistema accusatorio.

E si badi bene che in Italia si parla di sistema accusatorio, nonostante che il giudice non sia ancora stato inquadrato in termini di terzo super partes, come la riforma del 1989 avrebbe voluto.

Cio’ questo fa del sistema giudiziario Italiano un sistema ibrido, un misto tra accusatorio ed inquisitorio.

Invece in Italia la tradizionale gerarchia e’ stata completamente smantellata, ovviamente avendo come punto di riferimento quanto avveniva nel precedente periodo relativo al ventennio fascista.

Inoltre sono molti i provvedimenti legislativi presi su influenza dei magistrati della sinistra, cioe’ le cd Toghe Rosse, insieme all’interpretazione data dal CSM, e che hanno stabilito che gli avanzamenti di carriera siano automatici, nel senso che il semplice soddisfacimento dei requisiti di anzianita’ previsti ex lege, fosse l’unico criterio idoneo a regolare lo sviluppo della carriera dei magistrati.

Percio’ la Magistratura italiana non e’ assolutamente soggetta ai controlli esterni, che invece sopravvivono in altri paesi occidentali di tradizione continentale romanistica.

Quindi solo in Italia abbiamo un assetto diverso, nel senso che gli strumenti istituzionali che il sistema politico ha a disposizione, sono pochi e raramente adoperati.

La mancanza di un controllo sull’operato dei pubblici ministeri, da parte del potere esecutivo, deriva dalla totale equiparazione dei medesimi ai magistrati giudicanti.

Infatti, secondo l’art. 104 della Costituzione gli uni e gli altri fanno tutti parte dello stesso corpo della magistratura, dotato di un organo costituzionale di autogoverno, cioe’ il CSM.

Nello stesso senso il Dott. Corrado Carnevale, ex magistrato di cassazione, chiamato il giudice ammazza sentenze, il quale ha confermato l’inesistenza della tradizionale burocraticizzazione gerarchica dei magistrati, almeno dal 1975 in poi.

Ed infatti il medesimo individua, in termini di strapotere della magistratura, ed in particolare dei pubblici ministeri, nella troppa vicinanza tra tra giudici e pubblici ministeri il nodo del problema da sciogliere.

Ed e’ stata proprio tale vicinanza a rendere del tutto vano lo sforzo di essere assolto in tempi ragionevoli, compiuto dal Dott. Giuseppe Traversa, invece di esserlo in un processo durato 6 anni, contro ogni logica.

Proprio tale vicinanza implica che la politica abbia consentito all’ANM, di influire sulle norme, attraverso le quali il CSM avrebbe dovuto esercitare il suo controllo sull’idoneità dei magistrati all’esercizio della loro professione.

Ormai, invece, basta appartenere alla giusta corrente per accedere ad una carriera senza barriere e senza preclusioni, dovute a scatti di anzianita’ non automatici.

Anche Renato Brunetta critica la politicizzazione della Magistratura, poiche’ questa determina la sfiducia comparativamente bassa dei cittadini italiani verso le toghe, in confronto con la fiducia che queste riscuotono negli stessi paesi della medesima area occidentale.

Ma poi la sua critica si appunta su di un sistema che e’ totalmente sbilanciato in favore dell’indipendenza ed autonomia dei magistrati, senza che ad esse corrispondano dei meccanismi di controllo organizzativo interno, come se indipendenza ed autonomia tout court debbano essere garantite anche rispetto all’influenza dell’organo di autogoverno.

In tal modo si perviene ad un modello di democrazia in cui vengano meno integrita’ e legittimita’, poiche’ la funzione giudiziaria ha un potere talmente ampio da oltrepassare il terreno riservato alla politica.

Tutto questo finora rappresenta il sistema vigente che si e’ imposto per circa 50 anni, cioe’ dalla famosa legge del 1975 che ha legittimato la creazione delle correnti.

Con l’attuale maggioranza, il Ministro Carlo Nordio ha previsto che con la prossima riforma, che ha come suo oggetto principale la separazione delle carriere, vi saranno due consigli superiori della magistratura, uno per i magistrati giudicanti ed uno per i magistrati requirenti.

Inoltre verranno istituiti dei controlli corrispondenti a ciascuno scatto di anzianita’ quadriennale, in cui sara’ valutato il lavoro svolto, mediante degli esami ispirati al principio della meritocrazia, con la creazione del fascicolo personale.

Sara’ invece rinviata ad un momento successivo, l’istituzione dei test psicoattitudinali.

Quindi sara’ un cambiamento epocale che dovra’ essenzialmente impostato allo scopo di recuperare la fiducia dei cittadini verso una magistratura molto meno politicizzata di quanto sia avvenuto finora.

Associazionismo e correnti politiche nella Magistratura

Tra i fattori considerati piu’ indicativi del problema della politicizzazione della Magistratura in Italia, vi e’ l’esasperato associazionismo dei magistrati.

Tale fattore ha dato luogo alla formazione di piu’ correnti politiche in seno al suo organo sindacale, cioe’, l’Associazione Nazionale Magistrati, o ANM.

Il fenomeno della politicizzazione e’ piuttosto evidente in Italia rispetto agli altri paesi democratici occidentali di tradizione continentale romanistica.

Tale fenomeno, come sviluppatosi in seno all’ANM e’ in grado di condizionare i criteri con cui viene eletto il CSM o Consiglio Superiore della Magistratura, organo a capo del potere giudiziario.

Questa influenza della politicizzazione sulla elezione dei componenti togati del CSM e’ stata fortemente criticata da accademici giuristi, ed anche da alcuni magistrati.

Secondo Carlo Guarneri, professore di diritto presso l’universita’ di Bologna, l’eccessiva presenza di correnti politiche nella magistratura ha avuto come conseguenza diretta la lottizzazione del CSM.

Il fenomeno dell’esistenza eccessiva di correnti politiche nella Magistratura e’ nato nel 1975, con l’introduzione delle elezioni dei componenti togati del CSM, con il sistema proporzionale a scrutinio di lista.

In tal modo la legge del 1975 ha introdotto il sistema proporzionale, sostituendo il precedente sistema maggioritario, e quindi ha incoraggiato la presentazione di liste concorrenti.

Pertanto in merito alle correnti, esse sono sorte in seno all’ANM grazie a quella legge del 1975, sulla elezione dei membri togati del CSM.

Di conseguenza, a partire del 1976, per effetto di questa riforma del 1975, tutti i magistrati, che sono stati eletti presso il CSM, sono presenti in tale organo in rappresentanza di questa o di quella corrente.

E cioe’ da quell’anno il CSM e’ diventato l’istituzione dove tutte le principali correnti presenti in ANM sono rappresentate in base alla loro forza elettorale.

Come sappiamo, in precedenza la legge prevedeva un sistema di elezione essenzialmente maggioritario.

Quindi si puo’ affermare senza ombra di dubbio che la lottizzazione del CSM e’ un fenomeno dovuto alla crescente importanza dei gruppi organizzati di magistrati, chiamati correnti.

La creazione di correnti all’interno della Magistratura,  e’ un fenomeno presente anche nella Magistratura di altri paesi appartenenti alla tradizione continentale romanistica., come ad esempio in Spagna e Francia, dove e’ caratterizzata da una rilevanza piuttosto contenuta.

Invece in Italia tale rilevanza ha acquisito una maggiore importanza, a causa del ruolo che la correnti svolgono all’interno dell’organo costituzionale del potere giudiziario, quale e’ il CSM.

Percio’ e’ evidente come la regolamentazione della questioni giuridiche, attinenti alle guarentigie e alla carriera dei giudici, e a volte anche di quelle giuridiche, con anche il sorgere di polemiche tra CSM e poteri legislativo ed esecutivo, sia stata affidata alle correnti dei magistrati.

Infatti questi hanno ricevuto un potere di rappresentanza maggiore, come numero di componenti togati, rispetto al numero dei membri laici, che sono nominati dal Parlamento in ragione di un terzo.

Tuttavia in generale si puo’ dire che le decisioni, per le quali il CSM sia competente, siano prese dalle correnti dei magistrati, che le esercitano insieme ai membri laici, eletti in seno al Parlamento.

Tutto cio’ porta automaticamente a considerare la Magistratura come fortemente politicizzata e quindi a ritenere che cio’ abbia comportato la lottizzazione dell’organo costituzionale del CSM.

La conseguenza e’ la sussistenza di un pernicioso meccanismo retto da un connubio di protagonismo, cooptazione, e di rappresentanza, da parte di pochi, di una moltitudine di magistrati, dei quali si ignora se essi abbiano manifestato consenso o dissenso alle proposte delle correnti, e tutto cio’ porta ad alimentare la vocazione politica della Magistratura.

Questa caratteristica ha dotato la Magistratura di un enorme influenza sulla formazione di leggi, che hanno favorito lo strapotere dei pubblici ministeri, a danno, specialmente, di indagati innocenti che si sono visti negare il giusto processo ed i diritti legittimi della difesa, come ad esempio, nel caso del Dott. Giuseppe Traversa.

Secondo il giornalista Sergio Romano, l’ANM costituisce un sindacato dei magistrati che puo’ intervenire, attraverso il CSM, per essere di aiuto a Governo e Parlamento, quando questi due ultimi poteri debbano prendere delle decisioni sulle condizioni di lavoro di coloro che appartengano all’ordine giudiziario.

Ma questo carattere di sindacato dell’ANM ha l’effetto di ridurre i magistrati ad una categoria professionale, proprio cio’ che non possono rappresentare come status, poiche’ sono indipendenti ed autonomi. 

Attribuendo loro quello status vien meno la loro autorita’ e dignita’.

Quanto alle correnti dell’ANM la loro esistenza, come gia’ sappiamo, dipende dalla legge emanata nel 1975.

In seguito a tale legge si e’ assistito alla creazione esasperata di correnti, al rafforzamento di gruppi dotati di forte identita’ culturale politica, e che hanno proposto concetti diversi dello Stato e del ruolo che la magistratura avrebbe dovuto svolgere nella vita pubblica del paese.

Quindi dall’iniziale intervento in materie di carriera e diritti lavorativi dei magistrati, ed anche in relazione al loro status, si e’ passati alla gestione di proposte normative che hanno lasciato evidenziare una sospetta contiguita’ con alcuni partiti politici, presenti in Parlamento e che hanno minacciato di trasformare il CSM in una sorta di Parlamento, con i suoi legami ai politicanti del potere legislativo.

A tal proposito si e’ giustamente parlato di Toghe Rosse, anche se poi il CSM ha sempre cercato di ostacolare una simile caratteristica di colore e politica espressa, contrastando la manifesta evidenza.

Nella realtà quotidiana, inoltre, la corrente è diventata ancora più sindacato di quanto non fosse l’Associazione Nazionale.

L’ANM e le correnti aspirano a occupare e a contendersi una parte dello spazio pubblico disponibile e sono inevitabilmente destinate a prendere posizioni, assumere atteggiamenti, sconfinare in altri territori, offrire il fianco ad accuse, rispondere polemicamente alle critiche di cui sono oggetto, difendere i loro soci anche quando non meritano di essere difesi. 

In tal modo hanno perso l’autorita’ che era stato loro conferita dalla Costituzione.

Hanno forse difeso i loro interessi, ma non hanno giovato alla loro immagine e alla loro autorevolezza”.

Secondo Luciano Violante, ex presidente della Camera dei Deputati, le correnti, con il tempo, si sono trasformate da luoghi di discussione e approfondimento in strumenti per far valere la propria opinione, strutturandola in base ai consensi ottenuti attraverso alleanze strategiche con altre correnti.

Basti considerare che, prima o poi, tutti i capi delle correnti sono eletti al CSM. 

La conseguenza è che oggi, come denunciano molti magistrati, chi non appartenga a una corrente o non sia protetto da un partito, difficilmente arriva a ricoprire incarichi rilevanti. 

Quindi il problema principale e’ quello di difendere l’indipendenza e l’autonomia dalle stesse correnti dell’ANM, poiche’ talvolta le maggioranze espresse non raccolgono la maggioranza dei consensi di tutti i magistrati, rimanendo ancorata ad una posizione poco rappresentativa degli interessi diffusi tra gli stessi magistrati.

In tal modo si potrebbe forse superare quell’accentuato corporativismo, che i costituenti speravano di avere eluso, stabilendo che un terzo dei componenti del CSM fosse eletto dal Parlamento.

Anzi c’era addirittura chi, in tale autorevole consesso, aveva proposto, pur vanamente (a causa dell’opposizione dei piu’), l’elezione dei componenti laici in misura paritaria a quella dei componenti togati.

Il proponente, con la sua proposta di rendere il numero dei componenti togati non preponderante rispetto a quello dei componenti laici, paventava il rischio della creazione di una casta autoreferenziale, come poi e’ in effetti avvenuto con la successiva stabilizzazione del corporativismo, accentuato all’esasperazione a seguito della legge del 1975.

Contro tale fenomeno, nella riforma futura prossima, voluta dal Ministro Carlo Nordio, sara’ stabilita la piena parita’ tra i componenti togati e quelli laici del Consiglio Superiore della Magistratura.

In occasione del dibattito sulla riduzione delle ferie dei magistrati (parte della riforma del sistema di giustizia italiano in corso), Matteo Renzi, Presidente del Consiglio, ha riferito che l’accusare il governo di voler far crepare i magistrati per una settimana di ferie in meno, ha significato che hanno perso il contatto con gli italiani che lavorano. 

Infine bisogna valorizzare i giudici bravi, dicendo basta allo strapotere delle correnti che oggi sono più forti in Magistratura che non nei partiti.

giovedì 30 novembre 2023

La magistratura tra politicizzazione e riforma della separazione delle carriere

Secondo alcuni autori la politicizzazione della magistratura italiana e’ una realta’ evidente dovuta al tipo di struttura dell’ordinamento giuridico creato nel secondo dopoguerra.

La politicizzazione della magistratura italiana si manifesta dal 1976 in poi, a seguito di una specifica legge sulla nomina dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, in un modo molto piu’ accentuato rispetto a quanto accade nelle altre democrazie occidentali o anche nelle nuove democrazie dell’est europeo.

I fattori che hanno contribuito a determinare la politicizzazione della magistratura italiana sono molteplici.

Al primo posto abbiamo l’esasperato associazionismo dei magistrati, i quali si sono organizzati in correnti politiche nell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM).

Tale associazionismo ha dato luogo alla lottizzazione politica del Consiglio Superiore della Magistratura, quale evidente condizionamento nato dal fenomeno delle correnti politiche presenti nell’ANM.

Il risultato e’ che tutti i magistrati che sono presenti in CSM sono stati eletti in rappresentanza di questa o di quella corrente, e percio’ il CSM e’ diventato l’istituzione dove tutte le principali correnti sono rappresentate in base alla loro forza elettorale acquisita in sede di ANM.

Al secondo posto troviamo un elemento che e’ connaturato necessariamente alla politicizzazione, e che consiste nel costume non appropriato di esternare, da parte di alcuni magistrati, orientati verso la sinistra del Parlamento, le proprie convinzioni politiche, attraverso l’adesione o la partecipazione a partiti ed a manifestazioni politiche.

Un esempio ultimamente e’ accaduto nel caso di un magistrato, che ha fatto sorgere molte polemiche, che ha partecipato ad una manifestazione contro il governo e persino prendendo parte a gruppi di facinorosi che esprimevano frasi offensive contro il governo e la polizia, senza mostrare minimamente di volersi dissociare da tali prese di posizione poco riguardose verso ministri e forze dell’ordine.

Nello stesso ordine di idee i medesimi magistrati si sono persino permessi di rifiutare l’applicazione del DL Cutro, nei confronti di alcuni extracomunitari, che avrebbero dovuto essere ricondotti negli Hot Spot, mentre invece essi, dopo la loro liberazione, sono letteralmente spariti nel nulla.

In pratica certi magistrati si permettono di legiferare, creando delle prassi, che poi divengono norme, che consentono di trattare il territorio dello Stato italiano come meta turistica per qualsiasi tipo di invasore, e non solo per turisti paganti, sottoponendolo ad una evidente incuria che puo’ portare solo incremento del disordine e della delinquenza.

Un altro fattore indice di politicizzazione della magistratura italiana e’ rappresentato dalle dichiarazioni di alcuni magistrati, molto rappresentativi del loro ordine, fatte ai media, anche riguardanti l’emanazione di leggi che abbiano per oggetto i loro interessi, la loro carriera.

Ma un altro fattore molto evidente di tale politicizzazione e’ rappresentato dall’influenza politica sulle scelte di merito, che guidano Parlamento e Governo, nella formazione delle leggi da applicare nella, e non solo, repressione dei reati.

Tale influenza politica non viene manifestamente esteriorizzata proprio per evitare che si gridi allo scandalo, e tuttavia si e’ rivelata indirettamente come manifestazione di accordi sottobanco, con le maggioranze politiche di sinistra, in virtu’ di governi non eletti dal popolo, hanno favorito le esigenze e le necessita’ dei magistrati politicizzati.

In questo caso e’ piuttosto evidente la politicizzazione operante a livello di stretti rapporti tra potere giudiziario e potere esecutivo/legislativo, nel senso che il primo esercita la sua influenza sui secondi.

Secondo alcuni autori questo tipo di influenza deriverebbe semplicemente dal fatto che la tripartita suddivisione dei poteri sarebbe solo un ideale obbiettivo, mentre nella realta’ ciascun potere puo’ condividere delle posizioni che idealmente facciano capo a ciascun potere distinto.

Qualche altra voce segnala come la presunta politicizzazione operi in un ambito completamente diverso da quella che e’ la suddivisione politica a livello nazionale, quindi un ambito soggetto, piu’ che a politicizzazione, in forza del correntismo ideologico, ad un mero esercizio del normale pluralismo di pensiero.

E comunque, guarda caso, il punto piu’ alto di manifesta politicizzazione si e’ sempre verificato solo ed esclusivamente con governi e maggioranze di sinistra.

Attualmente, in seguito al forte cambiamento politico, sono naturalmente cresciute le polemiche aizzate dai magistrati, allo scopo di utilizzare a loro favore la nuova minoranza parlamentare, contro la nuova maggioranza di centro-destra.

In tale ambito si riscontrano le reazioni contro tali polemiche, nate pretestuosamente da delle normali dichiarazioni del Ministro della Difesa Crosetto, il quale aveva giustamente evocato il rischio di attacchi al governo, anche attraverso le elezioni europee, semplicemente richiamando cio’ che e’ gia’ accaduto in passato, e che rappresenta una prova eclatante del risentimento sinistrorso della propria sconfitta elettorale.

Quindi non v’e’ chi non veda come, alla luce del dettato costituzionale dell’art. 104, che garantisce l’indipendenza e l’autonomia dei magistrati di ogni categoria, giudicanti o requirenti, ordine e grado, tali polemiche siano meramente strumentali, poiche’ e’ praticamente impossibile che una maggioranza di centro-destra possa giungere a sottoporre l’insieme dei pubblici ministeri al potere esecutivo, anche in seguito alla emanazione della riforma della separazione delle carriere.

Quindi, come lo stesso Ministro di Grazia e Giustizia, Carlo Nordio in un recentissimo incontro presso la sede del CSM, ha tenuto a ribadire che la separazione delle carriere non implica assolutamente la sottoposizione dei pubblici ministeri e quindi del potere giudiziario al potere esecutivo.

Certamente la separazione delle carriere si pone come obiettivo primario quello di smorzare l’esasperata politicizzazione dei magistrati, e si e’ erasa necessaria a causa di una serie di aspetti che devono finalmente avere una nuova e specifica regolazione.

Un primo aspetto, che richiede tale separazione, riguarda la necessita’ di ottenere dei profili professionali di competenza e di specializzazione marcati, come magistrato giudicante o come magistrato requirente, che siano utili ad organizzare i tempi dei processi, ed a concluderli con maggiore celerita’, eliminandone anche i tempi morti, anche con la riduzione delle ferie (gia’ operativa in verita’).

In secondo luogo ci si propone di evitare anche la la commistione di interessi sottobanco, legati alle carriere interne agli uffici giudiziari, ove una casacca cambiata ad hoc, ad esempio da Giudice a Pm, potrebbe benissimo persino influenzare la maggioranza richieste per la nomina di un capo della procura.

In terzo luogo la separazione delle carriere si propone anche sotto il profilo del rafforzamento della posizione del magistrato giudicante, quale magistrato super partes, in funzione del ridimensionamento del potere dei pubblici ministeri.

Questi, infatti, molto spesso sono intervenuti nei giudizi per condizionarne i tempi, le relative indagini istruttorie e l’esito, con il tacito accordo dei giudicanti, il cui potere decisionale e’ stato piuttosto ed a torto ridimensionato, i quali hanno chiuso anche piu’ di un occhio sulle varie prassi illegali ed illegittime, divenute costume quasi irrinunciabile, dei pubblici ministeri.

Basti pensare, per fare un esempio dei piu’ scandalosi, e cioe’ quello della clonazione del fascicolo dell’imputato, e comunque basta fare riferimento alle varie prassi tendenti a terrorizzare letteralmente degli indagati che fossero pretestuosamente e fortemente sospettati, affinche’ essi si decidessero “spontaneamente” a confessare, anche quando essi siano totalmente innocenti, come nel caso del presente blog, relativo al Dott. Giuseppe Traversa.

Un’altra esigenza soddisfatta dalla separazione delle carriere e’ quella della sottoposizione del presunto innocente ad un giusto processo in cui non venga leso il suo diritto alla difesa, attraverso artifizi che cerchino di anticipare gli effetti di una presunta sentenza di condanna, non ancora pronunciata, come ad esempio la pratica di trasmettere un’informazione di garanzia, attraverso uno o piu’ quotidiani di tiratura anche nazionale, come il caso Berlusconi, del 1994, docet, artifizio che comunque rasenta sempre quel terrorismo, di cui al punto precedente.

Appunto tale espediente e’ piuttosto esecrabile proprio perche’ un indagato si presume innocente fino all’esaurimento della sua possibilita’ di impugnare le sentenze di condanna.

Un ulteriore elemento che necessita della separazione delle carriere e’ quello che si ricollega alle esigenze relative allo status lavorativo del singolo giudicante o pubblico ministero.

Infatti sara’ creato per ciascun magistrato, appartenente ai due ordini, un profilo che sara’ definito dagli aspetti specifici di ciascuna carriera.

Tale elemento sara’ collegato alla creazione del fascicolo personale, che e’ inserito nella riforma, quale importante passo verso il tanto atteso riconoscimento del merito, contrariamente a quanto previsto sino ad ora, cioe’ lo stato degli scatti e degli avanzamenti di carriera, stabilito esclusivamente in termini automatici di anzianita’ di servizio.

Tali avanzamenti e scatti, infatti, con la riforma non saranno piu’ automatici, ma legati a risultati in termini di profitto, produttivita’ e merito.

Immagino che molti magistrati storceranno il naso difronte a questa prospettiva.

Addirittura, non con questa riforma, ma molto piu’ avanti, verranno predisposti anche dei test psicoattitudinali per verificare le capacita’ di chi abbia vinto un concorso, considerato che l’intelligenza per vincere un concorso e’ cosa ben diversa, come stabilito dalla moderna psicologia, dal saper gestire delle situazioni, in cui si verta in tema di diritti delle persone, che possono essere irrimediabilmente rovinati da giudici non dotati della necessaria saggezza.

Quindi la separazione delle carriere e’ pur sempre, alla luce dell’invasione della sfera del potere giudiziario, da parte degli altri due poteri, un dictat derivante dal potere legislativo e quello esecutivo, poiche’ rappresenta un potenziale restringimento della capacita’ di politicizzazione della magistratura italiana.

Infatti tale separazione, influendo sull’esercizio dei propri diritti lavorativi di carriera e sul proprio dovere di applicare le leggi, portera’ ad una tale diversificazione degli interessi di ciascuno dei due profili di carriera, da limitare sostanzialmente la capacita’ di aggregazione della maggioranza dei magistrati intorno ad un consenso che sara’ solamente in grado di occuparsi di temi di rilevanza generale.

Percio’ difficilmente i magistrati saranno in grado, almeno in sede di ANM, di creare delle correnti che abbiano come interesse dei temi di importante rilevanza, ma che siano piu’ specifici per ciascuno dei due profili di carriera.

Allo scopo di definire legislativamente la separazione delle carriere dei magistrati, fermo restando che gli interessi piu’ generali potranno pur sempre essere presi in considerazione in sede di ANM, in quanto organismo privato con rilevanza pubblicistica, come un sindacato, saranno creati due distinti Consigli Superiori della Magistratura, uno per i magistrati giudicanti e l’altro per i magistrati requirenti.

Nel caso di temi generali, diversi dai propri interessi specifici, di ciascuno dei due ordini, sulla base di nuove norme costituzionali, il plenum dei componenti di ciascuno dei due Consigli Superiori della Magistratura, potrebbe riunirsi nella sede naturale originaria, quella del palazzo dei Marescialli.

In tal caso l’unita’ verrebbe sancita dalla presenza del suo Presidente, cioe’ il Presidente della Repubblica.

Quando invece si verta in tema di interessi specifici di ciascuno dei due ordini, verrebbe convocato ciascuno dei due Consigli, presieduti da ognuno dei due Vice-Presidenti, utilizzando la stessa sede, o magari una sede diversa.