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Brescia,

La Magistratura tra politicizzazione e riforma della separazione delle carriere

Secondo alcuni autori la politicizzazione della magistratura italiana e’ una realta’ evidente dovuta al tipo di struttura dell’ordinamento giuridico creato nel secondo dopoguerra.

La politicizzazione della magistratura italiana si manifesta dal 1976 in poi, a seguito di una specifica legge sulla nomina dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, in un modo molto piu’ accentuato rispetto a quanto accade nelle altre democrazie occidentali o anche nelle nuove democrazie dell’est europeo.

I fattori che hanno contribuito a determinare la politicizzazione della magistratura italiana sono molteplici.

Al primo posto abbiamo l’esasperato associazionismo dei magistrati, i quali si sono organizzati in correnti politiche nell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM).

Tale associazionismo ha dato luogo alla lottizzazione politica del Consiglio Superiore della Magistratura, quale evidente condizionamento nato dal fenomeno delle correnti politiche presenti nell’ANM.

Il risultato e’ che tutti i magistrati che sono presenti in CSM sono stati eletti in rappresentanza di questa o di quella corrente, e percio’ il CSM e’ diventato l’istituzione dove tutte le principali correnti sono rappresentate in base alla loro forza elettorale acquisita in sede di ANM.

Al secondo posto troviamo un elemento che e’ connaturato necessariamente alla politicizzazione, e che consiste nel costume non appropriato di esternare, da parte di alcuni magistrati, orientati verso la sinistra del Parlamento, le proprie convinzioni politiche, attraverso l’adesione o la partecipazione a partiti ed a manifestazioni politiche.

Un esempio ultimamente e’ accaduto nel caso di un magistrato, che ha fatto sorgere molte polemiche, che ha partecipato ad una manifestazione contro il governo e persino prendendo parte a gruppi di facinorosi che esprimevano frasi offensive contro il governo e la polizia, senza mostrare minimamente di volersi dissociare da tali prese di posizione poco riguardose verso ministri e forze dell’ordine.

Nello stesso ordine di idee i medesimi magistrati si sono persino permessi di rifiutare l’applicazione del DL Cutro, nei confronti di alcuni extracomunitari, che avrebbero dovuto essere ricondotti negli Hot Spot, mentre invece essi, dopo la loro liberazione, sono letteralmente spariti nel nulla.

In pratica certi magistrati si permettono di legiferare, creando delle prassi, che poi divengono norme, che consentono di trattare il territorio dello Stato italiano come meta turistica per qualsiasi tipo di invasore, e non solo per turisti paganti, sottoponendolo ad una evidente incuria che puo’ portare solo incremento del disordine e della delinquenza.

Un altro fattore indice di politicizzazione della magistratura italiana e’ rappresentato dalle dichiarazioni di alcuni magistrati, molto rappresentativi del loro ordine, fatte ai media, anche riguardanti l’emanazione di leggi che abbiano per oggetto i loro interessi, la loro carriera.

Ma un altro fattore molto evidente di tale politicizzazione e’ rappresentato dall’influenza politica sulle scelte di merito, che guidano Parlamento e Governo, nella formazione delle leggi da applicare nella, e non solo, repressione dei reati.

Tale influenza politica non viene manifestamente esteriorizzata proprio per evitare che si gridi allo scandalo, e tuttavia si e’ rivelata indirettamente come manifestazione di accordi sottobanco, con le maggioranze politiche di sinistra, in virtu’ di governi non eletti dal popolo, hanno favorito le esigenze e le necessita’ dei magistrati politicizzati.

In questo caso e’ piuttosto evidente la politicizzazione operante a livello di stretti rapporti tra potere giudiziario e potere esecutivo/legislativo, nel senso che il primo esercita la sua influenza sui secondi.

Secondo alcuni autori questo tipo di influenza deriverebbe semplicemente dal fatto che la tripartita suddivisione dei poteri sarebbe solo un ideale obbiettivo, mentre nella realta’ ciascun potere puo’ condividere delle posizioni che idealmente facciano capo a ciascun potere distinto.

Qualche altra voce segnala come la presunta politicizzazione operi in un ambito completamente diverso da quella che e’ la suddivisione politica a livello nazionale, quindi un ambito soggetto, piu’ che a politicizzazione, in forza del correntismo ideologico, ad un mero esercizio del normale pluralismo di pensiero.

E comunque, guarda caso, il punto piu’ alto di manifesta politicizzazione si e’ sempre verificato solo ed esclusivamente con governi e maggioranze di sinistra.

Attualmente, in seguito al forte cambiamento politico, sono naturalmente cresciute le polemiche aizzate dai magistrati, allo scopo di utilizzare a loro favore la nuova minoranza parlamentare, contro la nuova maggioranza di centro-destra.

In tale ambito si riscontrano le reazioni contro tali polemiche, nate pretestuosamente da delle normali dichiarazioni del Ministro della Difesa Crosetto, il quale aveva giustamente evocato il rischio di attacchi al governo, anche attraverso le elezioni europee, semplicemente richiamando cio’ che e’ gia’ accaduto in passato, e che rappresenta una prova eclatante del risentimento sinistrorso della propria sconfitta elettorale.

Quindi non v’e’ chi non veda come, alla luce del dettato costituzionale dell’art. 104, che garantisce l’indipendenza e l’autonomia dei magistrati di ogni categoria, giudicanti o requirenti, ordine e grado, tali polemiche siano meramente strumentali, poiche’ e’ praticamente impossibile che una maggioranza di centro-destra possa giungere a sottoporre l’insieme dei pubblici ministeri al potere esecutivo, anche in seguito alla emanazione della riforma della separazione delle carriere.

Quindi, come lo stesso Ministro di Grazia e Giustizia, Carlo Nordio in un recentissimo incontro presso la sede del CSM, ha tenuto a ribadire che la separazione delle carriere non implica assolutamente la sottoposizione dei pubblici ministeri e quindi del potere giudiziario al potere esecutivo.

Certamente la separazione delle carriere si pone come obiettivo primario quello di smorzare l’esasperata politicizzazione dei magistrati, e si e’ erasa necessaria a causa di una serie di aspetti che devono finalmente avere una nuova e specifica regolazione.

Un primo aspetto, che richiede tale separazione, riguarda la necessita’ di ottenere dei profili professionali di competenza e di specializzazione marcati, come magistrato giudicante o come magistrato requirente, che siano utili ad organizzare i tempi dei processi, ed a concluderli con maggiore celerita’, eliminandone anche i tempi morti, anche con la riduzione delle ferie (gia’ operativa in verita’).

In secondo luogo ci si propone di evitare anche la la commistione di interessi sottobanco, legati alle carriere interne agli uffici giudiziari, ove una casacca cambiata ad hoc, ad esempio da Giudice a Pm, potrebbe benissimo persino influenzare la maggioranza richieste per la nomina di un capo della procura.

In terzo luogo la separazione delle carriere si propone anche sotto il profilo del rafforzamento della posizione del magistrato giudicante, quale magistrato super partes, in funzione del ridimensionamento del potere dei pubblici ministeri.

Questi, infatti, molto spesso sono intervenuti nei giudizi per condizionarne i tempi, le relative indagini istruttorie e l’esito, con il tacito accordo dei giudicanti, il cui potere decisionale e’ stato piuttosto ed a torto ridimensionato, i quali hanno chiuso anche piu’ di un occhio sulle varie prassi illegali ed illegittime, divenute costume quasi irrinunciabile, dei pubblici ministeri.

Basti pensare, per fare un esempio dei piu’ scandalosi, e cioe’ quello della clonazione del fascicolo dell’imputato, e comunque basta fare riferimento alle varie prassi tendenti a terrorizzare letteralmente degli indagati che fossero pretestuosamente e fortemente sospettati, affinche’ essi si decidessero “spontaneamente” a confessare, anche quando essi siano totalmente innocenti, come nel caso del presente blog, relativo al Dott. Giuseppe Traversa.

Un’altra esigenza soddisfatta dalla separazione delle carriere e’ quella della sottoposizione del presunto innocente ad un giusto processo in cui non venga leso il suo diritto alla difesa, attraverso artifizi che cerchino di anticipare gli effetti di una presunta sentenza di condanna, non ancora pronunciata, come ad esempio la pratica di trasmettere un’informazione di garanzia, attraverso uno o piu’ quotidiani di tiratura anche nazionale, come il caso Berlusconi, del 1994, docet, artifizio che comunque rasenta sempre quel terrorismo, di cui al punto precedente.

Appunto tale espediente e’ piuttosto esecrabile proprio perche’ un indagato si presume innocente fino all’esaurimento della sua possibilita’ di impugnare le sentenze di condanna.

Un ulteriore elemento che necessita della separazione delle carriere e’ quello che si ricollega alle esigenze relative allo status lavorativo del singolo giudicante o pubblico ministero.

Infatti sara’ creato per ciascun magistrato, appartenente ai due ordini, un profilo che sara’ definito dagli aspetti specifici di ciascuna carriera.

Tale elemento sara’ collegato alla creazione del fascicolo personale, che e’ inserito nella riforma, quale importante passo verso il tanto atteso riconoscimento del merito, contrariamente a quanto previsto sino ad ora, cioe’ lo stato degli scatti e degli avanzamenti di carriera, stabilito esclusivamente in termini automatici di anzianita’ di servizio.

Tali avanzamenti e scatti, infatti, con la riforma non saranno piu’ automatici, ma legati a risultati in termini di profitto, produttivita’ e merito.

Immagino che molti magistrati storceranno il naso difronte a questa prospettiva.

Addirittura, non con questa riforma, ma molto piu’ avanti, verranno predisposti anche dei test psicoattitudinali per verificare le capacita’ di chi abbia vinto un concorso, considerato che l’intelligenza per vincere un concorso e’ cosa ben diversa, come stabilito dalla moderna psicologia, dal saper gestire delle situazioni, in cui si verta in tema di diritti delle persone, che possono essere irrimediabilmente rovinati da giudici non dotati della necessaria saggezza.

Quindi la separazione delle carriere e’ pur sempre, alla luce dell’invasione della sfera del potere giudiziario, da parte degli altri due poteri, un dictat derivante dal potere legislativo e quello esecutivo, poiche’ rappresenta un potenziale restringimento della capacita’ di politicizzazione della magistratura italiana.

Infatti tale separazione, influendo sull’esercizio dei propri diritti lavorativi di carriera e sul proprio dovere di applicare le leggi, portera’ ad una tale diversificazione degli interessi di ciascuno dei due profili di carriera, da limitare sostanzialmente la capacita’ di aggregazione della maggioranza dei magistrati intorno ad un consenso che sara’ solamente in grado di occuparsi di temi di rilevanza generale.

Percio’ difficilmente i magistrati saranno in grado, almeno in sede di ANM, di creare delle correnti che abbiano come interesse dei temi di importante rilevanza, ma che siano piu’ specifici per ciascuno dei due profili di carriera.

Allo scopo di definire legislativamente la separazione delle carriere dei magistrati, fermo restando che gli interessi piu’ generali potranno pur sempre essere presi in considerazione in sede di ANM, in quanto organismo privato con rilevanza pubblicistica, come un sindacato, saranno creati due distinti Consigli Superiori della Magistratura, uno per i magistrati giudicanti e l’altro per i magistrati requirenti.

Nel caso di temi generali, diversi dai propri interessi specifici, di ciascuno dei due ordini, sulla base di nuove norme costituzionali, il plenum dei componenti di ciascuno dei due Consigli Superiori della Magistratura, potrebbe riunirsi nella sede naturale originaria, quella del palazzo dei Marescialli.

In tal caso l’unita’ verrebbe sancita dalla presenza del suo Presidente, cioe’ il Presidente della Repubblica.

Quando invece si verta in tema di interessi specifici di ciascuno dei due ordini, verrebbe convocato ciascuno dei due Consigli, presieduti da ognuno dei due Vice-Presidenti, utilizzando la stessa sede, o magari una sede diversa.